La bisnipote Anita, nota di Lello La Sala (MèL)
Pubblicato in data: 4/2/2011 alle ore:10:00 • Categoria: Merito è Libertà, Politica •Del bisnonno Giuseppe, l’eroe dei due mondi, la bisnipote Anita (primogenita di Ezio, ultimo figlio di Ricciotti Garibaldi) conserva come prezioso cimelio la sciabola e la tabacchiera (insomma, immagino, vizi e virtù). Un singolarissimo sfiato di trombetta del sempre più basculante addetto staff (che non ha rinnovato la tessera del piddì e teme -giustamente- qualche conseguenza ed intanto è costretto… alle ferie) ne annuncia la visita in un fitto programma con annessa….topografia di guerra.
Dal quale programma, integrato telefonicamente con una intitolazione stradale ad Alfonso Dinacci alle 15 di sabato e poi tutti al Municipio per il grammelot di Aldùk, si apprendono gustosi dettagli. A partire dall’ubicazione della premiata Trattoria “Valleverde” che sarebbe a 300 metri dall’ hotel Civita (si serviranno degli stessi esperti di misurazioni….tariffarie immagino) e nientemeno che le cantine Mastroberardino sono di fronte (sic) al predetto hotel (dove invece è un plesso del circolo didattico) ed in ogni caso al più, per ovvie ragioni di ‘anzianità’ e di blasone, sarebbe vero il contrario. Ma tant’è…per ora è questa, e sia detto con tutto il dovuto rispetto per l’illustre ospite, la grande pensata del centocinquantenario, partorita -fino a prova contraria- dalle fervide menti di Aldùk e Cidèp e questa ci teniamo, mentre altre se ne annunciano a cura della pasionaria Nancy che promette addirittura un ‘cartellone’.
Alla incolpevole signora Anita, della quale non si può che apprezzare la battagliera energia di chi custodisce, financo nel nome, una straordinaria memoria familiare (ed una luminosa e controversa stagione storica) porgiamo anche noi il più cordiale benvenuto. E tuttavia mi sia consentito di ‘insistere’. Le celebrazioni per il 150° hanno un senso se,al di là delle parate e degli scoop di paese,ci aiutano a rileggere una storia (la nostra, quella italiana) con sobrietà e rigore. L’Unità d’Italia fu una ‘necessità’ ed un valore che nessun revisionismo, più o meno ‘popolare’, può mettere in discussione. Ma fu anche una straordinaria occasione mancata: non fu la prima e non è la sola. E la stessa azioni di Garibaldi e dei Garibaldini non si realizzò senza violenze e soprusi che sarebbe inutile negare. Tanto più che lo stesso Garibaldi finì travolto dalla ragion di Stato, umiliato nel dorato esilio di Caprera. Forse una delle pagine più belle e veritiere di quella storia la scrisse un altro Giuseppe, Tomasi di Lampedusa: la storia di ideali nobili e generosi sacrifici di sé, immiseriti spesso dalle logiche del trasformismo e dagli interesse delle diplomazie, in una cinica, per quanto necessaria, quotidianità.
Anche Atripalda può utilmente ricordare Garibaldi facendo memoria della sua antica Società Operaia e della intitolazione di una piazza (una delle più antiche della nostra Città) nel Consiglio Comunale del 26 settembre 1900, rinominando il largo della Dogana vecchia, abbattuta nel 1887, in memoria del “più illustre fattore” dell’Unità Italiana. E forse può persino ricollocare qualche tassello della storia risorgimentale attraverso il garibaldino Alfonso Dinacci (che non risulta nell’elenco ufficiale dei Mille) il cui profilo andrebbe adeguatamente definito, dopo la meritoria segnalazione di Sabino Tomasetti; la documentazione relativa al Plebiscito ed alle sue singolari modalità di votazione; o lo studio e la pubblicazione di inediti materiali d’archivio. Ma questo sarebbe un contributo serio e rigoroso ed una occasione di matura riflessione storiografica, altro che visite guidate, madonne pellegrine e saluti delle autorità. Senza offesa per Aldùk e Cidèp, sarebbe tutta un’altra storia.
Raffaele La Sala
consigliere comunale “Merito è Libertà”
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