Accesso agli atti e sentenza Tar di Salerno contro il Comune, la nota di Luigi Caputo (Prc/Fds)
Pubblicato in data: 14/3/2012 alle ore:13:01 • Categoria: Attualità, Prc •Merita qualche osservazione la sentenza, la n. 213 del 15/02/2012, con cui il TAR Campania, sez. Salerno, ha accolto il ricorso di un imprenditore avverso il diniego opposto dall’U.T.C. di Atripalda alla richiesta di ottenere copia di un provvedimento di autorizzazione a costruire. Al di là delle valutazioni di merito sul contenzioso urbanistico da cui trae origine la vicenda, che qui non rilevano, appare opportuno soffermarsi sul significato e i riflessi della pronuncia della magistratura amministrativa e sulla eventualità che essa possa concorrere a segnare un nuovo corso nell’àmbito dell’ accesso agli atti amministrativi. Quantunque il TAR Salerno, forse con eccessivo understatement, alluda a una “pacifica giurisprudenza in materia”, in realtà la sentenza si inserisce in un filone giurisprudenziale innovativo: il richiamo all’art. 10, c. 2 del testo unico quale presupposto legittimante l’accesso, è rimasto infatti a lungo minoritario (va ricordata al riguardo la quasi pionieristica sentenza del TAR Puglia – sez- II, Lecce, n. 2067/2005), rispetto al molto più restrittivo art. 22, c.1, lett. b della L.241/90, il quale àncora l’esercizio del diritto di accesso alla presenza in capo al richiedente, di un interesse “diretto, concreto e attuale” all’acquisizione del documento e al collegamento dello stesso all’esistenza di situazioni “giuridicamente tutelate” . E’ evidente la portata molto più ampia del disposto del TUEL, che subordina l’accesso al mero requisito dell’appartenenza all’ente locale, principio ben esplicitato dalla sentenza in parola: “ai sensi dell’ART.10, c. 2, TUEL, il normale cittadino può ben accedere agli atti amministrativi dell’Ente locale di appartenenza, senza alcun condizionamento e senza necessità della previa indicazione della ragione della richiesta, dovendosi cautelare la sola segretezza degli atti la cui esibizione è vietata dalla legge o da esigenze di tutela della riservatezza dei terzi”.
Ha fatto bene quindi l’A.C. di Atripalda, a resistere in giudizio, visto che si trattava di una partita, almeno in apparenza, aperta?
A mio avviso no, e per due ordini di ragioni, la prima delle quali strettamente giuridica, la seconda di opportunità. Quand’anche l’organo di giustizia amministrativa non avesse inteso richiamarsi all’art. 10, c.2 TUEL, esso avrebbe egualmente dovuto imporre l’ostensione del documento, con relativa soccombenza dell’Amministrazione resistente, in virtù della normativa in materia urbanistica, che prevede l’ accessibilità, quanto meno nelle forme del prendere visione, di tutti i provvedimenti concessori.
Ancora più censurabile appare poi la scelta dell’A.C. da un punto di vista di merito: affrontare un giudizio, con gli oneri che ciò comporta (4.800 euro per la sola parcella del legale in primo grado), al solo fine di presidiare quello che ha tutte le sembianze di un diniego ingiustificato (quale danno avrebbe arrecato all’Ente, nella fattispecie, la consegna a un cittadino della copia di un permesso a costruire?) significa non solo aggiungere errore ad errore, ma, soprattutto, riproporre l’immagine consunta di una P.A. opaca, chiusa in se stessa , in perenne antagonismo con il cittadino, ottusamente aggrappata alla difesa di una supremazia che non ha ragion d’essere; una P.A. che non rinviene, come sarebbe doveroso, nel controllo democratico un’occasione per riscontrare la correttezza del proprio operato, ma una minaccia da spegnere sul nascere trincerandosi dietro il baluardo di una inammissibile segretezza, con esiti talvolta anche grotteschi (come dimostra, fra gli altri il caso, accaduto proprio ad Atripalda qualche anno fa, del rifiuto di comunicare a un cittadino la composizione della commissione edilizia) ; l’esatta antitesi, insomma, di quanto si prefiggevano gli interventi di riforma del 1990 e di quanto prescrive il dettato costituzionale.
La decisione della magistratura amministrativa campana non può che essere suscitare una duplicità di reazioni: da un lato, il compiacimento per il riconoscimento di un diritto; dall’altro, la constatazione amara che, spesso, si debba ancora oggi promuovere un giudizio (il che non è, non dimentichiamolo, alla portata di tutti) per vederlo riconosciuto in concreto.
Luigi Caputo, Comitato politico Provinciale PRC/FdS Avellino
un saluto a Luigi Caputo,
ringraziandolo per aver postato questo suo commento.
E’ sempre utile il dibattito, il confronto, soprattutto in questi momenti.
Siamo in una fase di buio assoluto, Atripalda è spenta, pettegola, invidiosa e priva di slanci.
Qualche anno fa c’era iniziativa, fermento, ragionamento.
Una triste mediocrità sta occupando spazio.
Pun non condividendo le posizioni politiche di Caputo, ho sempre apprezzato la viva intelligenza e spero che possa tornare utile per la crescita ed il confronto nella nostra Atripalda.
Ineccepibile come al solito. Bravo Luigi.
caro luigi,come al solito se sempre puntuale e concreto a denunciare la violenza di questa amministrazione verso le persone deboli, non è giusto che la comunità paghi lo sfizio del sindaco e degli assessori o di chi non ha concesso l’accesso agli atti, cosa c’è da nascondere ?””””””””””””’ per spendere 4800, 00 euro e non paga nessuno di loro .
Un intervento che dovrebbe far riflettere i cittadini elettori e, per altri versi, i tanti aspiranti candidati che in questi giorni stanno facendo a gara nel dimostrare, anche con il silenzio, la propria inconsistenza politica. Come mai dinanzi allo sperpero di danaro pubblico, difficilmente giustificabile, nessuno dei consiglieri e amministratori, ex o surrogati, ha sentito il bisogno di sottolineare tale avvenimento? Non è forse anche questa la constatazione del punto critico in cui siamo precipitati? Non credo che Caputo sia parte in causa in questa tornata elettorale, e pur non concordando con le sue idee, ha dimostrato cosa è la Politica rispetto al becero opportunismo di cui si sono avuti alcuni notevoli esempi in questi giorni.