Il Monumento ai Caduti di Atripalda, Raffaele La Sala: “Non è affatto una grande storia”
Pubblicato in data: 12/8/2013 alle ore:09:49 • Categoria: Cultura, Lista "Piazza Grande", Politica •Da qualunque parte la prendiamo la storia del monumento (ed ora anche del restauro) non è affatto una grande storia.
Per esempio si alimentò sin dal principio, ad onta della nobiltà delle motivazioni ufficiali, di gelosie, protagonismi, ‘libere’ sottoscrizioni (con tanto di elenchi -a futura memoria- di chi aveva negato il contributo… immagino per eventuali ritorsioni future) ed incrociò il turbolento passaggio dalle ultime elezioni politiche formalmente democratiche (del 6 aprile 1924), alla destituzione degli amministratori eletti ed all’istituto podestarile. Era stato il sindaco, dottor Carmine Minetti il 7 novembre del 1918 a promuovere e presiedere, nella qualità, il primo comitato per la realizzazione del Monumento, ma era stato il notaio Sabino Mottola a gestire tutte le fasi della ideazione, progettazione, finanziamento e realizzazione dell’opera. Ed infine, come accade (ed in questo caso la storia si… ripete tra Laurenzano e Spagnuolo), era toccato al primo podestà Filippo Visconti (Atripalda 1879 – Avellino 1958), organizzare la inaugurazione del monumento, enfatizzando la pubblica rappresentazione della bellicosa retorica del regime. Va, inoltre, comunque ricordata la polemica (assai più aspra di come la sfumò la stampa) della Società degli Atripaldesi di New York. L’Associazione, (presidente Vincenzo La Sala, titolare di un noto ristorante al n. 58 Kenmare St. – Mott St., Manhattan; segretario Giovanni Antonacci), aveva raccolto oltre 100.000 lire, più di quanto era costata, rinfreschi e fanfare escluse, l’intera opera dello scultore napoletano Raffaele Marino (1868-1957) e riteneva pertanto di aver diritto almeno ad un esplicita menzione sulla lapide del basamento. Non ci fu verso e la mediazione tentata in extremis dal podestà Filippo Visconti si rivelò insufficiente e persino peggiorativa. Piccola storia, che chiuse quasi del tutto i rapporti tra l’emigrazione transoceanica e le istituzioni locali (e che furono ripresi solo più tardi, negli anni ’50, grazie ai contatti dell’arciprete don Raffaele Aquino). La potente associazione newyorchese, infatti, esplicitamente subordinò la mancata citazione nell’epigrafe alla erogazione di nuovi contributi, già richiesti, per la scuola, la casa comunale e persino per la chiesa di S. Anna, annessa al Conservatorio di S. Maria della Purità.
L’inaugurazione, originariamente prevista per la mattina del 13 giugno (forse anche per darvi maggiore risalto intercettando la festività di sant’Antonio, particolarmente sentita in città), fu anticipata alle 17 di domenica 12 giugno. Correzione che si era resa necessaria per un concomitante impegno dell’oratore ufficiale, il senatore prof. Enrico Cocchia, sul quale alla fine aveva dovuto ripiegare il podestà Visconti, dopo il diniego di Amilcare Rossi (Lavinia-Lanuvio 1895 – Roma 1977). Presidente dell’ Ass. Naz. Combattenti e di Giorgio Tognoni (Castelnuovo Magra 1894-1977) medaglia d’Oro, presidente dell’Ass. Nazionale Mutilati ed invalidi di guerra. La presenza di un ministro del governo Mussolini, invece, pu richiesta personalmente al duce dal Visconti (e nonostante l’intervento dell’on. Edoardo Brescia, segretario provinciale del Pnf, e le pressioni esercitate anche dall’on. Paolo De Cristofaro) non fu mai seriamente presa in considerazione, per quanto si continuasse a ritenerla possibile in tutta la corrispondenza esaminata.
Insomma sulla cerimonia il podestà Visconti, vice segretario del fascismo irpino, aveva puntato le sue chance di rilancio dopo la defenestrazione da “L’Irpinia fascista” e la eco negativa suscitata ad Avellino dal caso Catalini: il giovane straordinario di Italiano e Storia dell’Arte al Liceo “Colletta” (amico di Dorso, collaboratore del “Corriere dell’Irpinia” e de “La Rivoluzione Liberale” di Piero Godetti, anche con lo pseudonimo Homo Meridionalis) che nel 1926 era stato costretto a subire un ingiusto trasferimento al Liceo “R. Bonghi” di Lucera. Operazione solo in parte riuscita, e comunque di corto respiro, alla quale forse non giovò proprio l’esasperato protagonismo del podestà.
La cerimonia inaugurale, alla quale “L’Irpinia Fascista” dedicò una intera pagina nel numero del 14 giugno 1927, si svolse in un tripudio di coreografie e simboli del regime e con una nutrita partecipazione di associazioni combattentistiche, autorità e popolo: una cronaca che, fatta la tara dell’enfasi propagandistica, risulta sostanzialmente veritiera. Si registrarono, tuttavia, anche assenze significative e prese di distanza (soprattutto -per quanto per opposte ragioni- dalla Prefettura e dall’Episcopato). Mons. Giuseppe Padula, infatti, nel declinare l’invito, dirottò genericamente sui canonici locali: e Visconti fece convocare in Municipio l’arciprete Gabriele Losco ed il canonico Enrico Giella; mentre solo poche settimane più tardi il Visconti fu rim osso dall’incarico e sostituito dal commissario prefettizio cav. Arturo Cessari (che aveva rappresentato il governo nella cerimonia inaugurale). In ogni caso le uniche immagini ufficiali scattate dal fotografo Raffaele Troncone, una con i bersaglieri e la fanfara schierati in piazza Umberto I ed un’altra sullo scalone d’onore del Municipio, sembrano voler escludere (mentre documentano la solennità dell’evento) proprio la invocata ed esibita partecipazione di una centuria armata fascista della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN). La ‘coreografia’, in ogni caso, fu particolarmente curata: un lungo corteo di isti tuti scolastici e rappresentanze municipali ed associazioni (aperto dalla fanfara dei balilla di Atripalda) attraversò le vie cittadine, mentre le autorità si concentravano a palazzo civico per convergere successivamente in piazza Umberto I. Qui “il rag. [Sabino] Troncone, presidente dell’Associazione Combattenti, procedette all’appello dei Caduti, quindi l’arc[iprete]. Canonico [Gabriele] Losco impartì la benedizione e cadde il drappo tricolore che copriva il gruppo di bronzo […]. Dopo che l’avv. Carlo Tozzi ebbe lette le moltissime ed autorevoli adesioni pervenute per la cerimonia, prese la parola il Comm. Filippo Visconti […]. Poi intervenne il cav. Arturo Cessari, in rappresentanza del governo [il funzionario che solo poche settimane più tardi avrebbe preso il posto di Visconti], […] ed infine il sen. Enrico Cocchia”.
La manifestazione si concluse con un “sontuoso rinfresco” nel salone del Municipio per i numerosi ospiti accolti “dal comm. Visconti, dal segretario del fascio, cav. [Angiolo] Romano, dal notaio cav. [Sabino] Mottola, dal segretario comunale cav. Avv. Francesco Tozzi e dall’infaticabile Carlo Tozzi”.
Un elenco di nomi che plasticamente traccia una sostanziale linea di continuità tra l’età liberale e la democrazia costituzionale, passando per la presunta ‘rivoluzione’ fascista, che sacrificava alla ‘governabilità ed alla ‘pace sociale’ proprio l’ingenuo ‘squadrismo’ del Visconti: dal rubilliano Sabino Mottola (sindaco dal 1920 al 1927), al cognato avv. Angiolo Romano (podestà dal 1928 al 1932), all’inamovibile segretario comunale avv. Francesco Tozzi, al figlio, avv. Carlo Tozzi (sindaco dal 1952 al 1965).
Raffaele La Sala
una ventina di voti e si vola …
Questi grandi Professori e meglio che insegnano nelle scuole!!!!!!!!!!! e scrivano meno sui giornali e commenti!!!!!!!!!!!1
Commento inutile! Ma il Prof. fa le sue solite “ricerche” ed ha necessità di scriverle! Commenti positivi mai! Deprimi e basta!