Maxi furto di cellulari da Progress nel 2007, assolto 57enne atripaldese
Pubblicato in data: 10/1/2014 alle ore:08:45 • Categoria: Cronaca •Era stato accusato del furto di ben 17mila cellulari per un danno economico complessivo di 2 milioni di euro nei confronti di Progress, ma ieri mattina è stato assolto in Tribunale. Si tratta del signor N.P. di Atripalda, del ’57, che insieme ad altre due persone era finito nel mirino degli investigatori avellinesi dopo un maxi furto di cellulari avvenuto ai danni del grande centro commerciale di via Circumvallazione ad Atripalda nel lontano 2007.
Secondo l’accusa l’uomo, assistito dall’avvocato penalista Alfonso Maria Chieffo, avrebbe sottratto i telefonini dell’azienda. Da qui la richiesta da parte del pubblico ministero, dottoressa Luisa Buono, di un anno di reclusione. Ma il giudice Rega del Tribunale di Avellino lo ha ieri assolto “per non aver commesso il fatto” essendo risultato estraneo alla vicenda, accogliendo così in pieno la tesi difensiva dell’avvocato Chieffo.
Si chiude così un lungo incubo per l’uomo ed una vicenda che aveva suscitato molto scalpore in quegli anni nella cittadina del Sabato. L’episodio risale al 2007 quando proprio uno dei titolari della rinomato centro commerciale si accorse della sparizione dei telefonini. Ben 17mila cellulari per un danno economico complessivo di 2 milioni di euro.
Partì così una meticolosa indagine dei Carabinieri del Comando provinciale di Avellino e l’inchiesta portò al rinvio a giudizio di tre persone.
La posizione dell’uomo fu però stralciata durante il processo ed accusato del grave reato di furto mentre per gli altri due, un dipendente ed un componente del consiglio d’amministrazione, l’accusa fu di appropriazione indebita. Il processo è durato oltre 4 anni ed ieri è arrivata la parola fine con l’assoluzione per il 57enne atripaldese. Assoluzione anche per il componente del consiglio d’amministrazione mentre è stato condannato ad un anno e tre mesi di reclusione il dipendente.
Una lunga istruttoria dibattimentale in cui sono stati sentiti più di venti testimoni tra dipendenti, titolari e consulenti tecnici.
Dalle indagini sarebbe emerso che furono falsificati i modelli interni usati dall’azienda per l’attestazione dell’avvenuta ricezione della merce in magazzino acquistata dai fornitori per rivenderla poi nel negozio, telefonini che invece però prendevano altre strade. Una condotta criminale terminata solo quando uno dei fratelli titolari dell’azienda si accorse che tutti quei telefoni cellulari acquistati non sarebbero mai potuti entrare nel cavò.
“Non posso negare che la soddisfazione professionale si lega anche a quella umana per aver restituito serenità all’uomo – afferma l’avvocato penalista Alfonso Maria Chieffo – che ha trascorso sei anni d’inferno per un reato che sapeva di non aver commesso soprattutto nei confronti di una famiglia a cui è legato da un’amicizia più che trentennale”.
La difesa, durante il dibattimento, ha provato che l’uomo aveva invece regolarmente acquistato e pagato i circa 700 cellulari.
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