L’addio a Raffaele Sbrescia, il prefetto galantuomo che salvò la “polvere rossa” della Civita di Atripalda dalle ruspe. FOTO
Pubblicato in data: 22/6/2015 alle ore:23:59 • Categoria: Attualità •Dolore e commozione nel giorno dell’addio a Raffaele Sbrescia, prefetto galantuomo che da commissario salvò la Civita di Atripalda da nuovi interventi edilizi che ne avrebbero compromesso l’esistenza stessa.
Aveva 89 anni e lascia la moglie Rosanna Romano e quattro figli: Lucia, assessore all’Istruzione e alla Cultura del comune di Mercogliano, Vincenzo già consigliere al comune di Avellino, Daniela e Alessandra. A partecipare al dolore tutta la comunità di Mercogliano.
Laureato in Giurisprudenza, era nato a Pomigliano D’Arco nel 1926 e fu nominato prefetto nel gennaio del 1982. Prefetto di Benevento dal 1984 al 1988, dal primo marzo del 1988 ha guidato la Prefettura di Avellino fino al 31 gennaio 1991.
Ha ricoperto anche la carica di Commissario prefettizio del comune di Avellino nel 2004, in seguito al primo mandato da sindaco di Antonio Di Nunno, e per oltre 15 anni in numerosi comuni della nostra provincia tra cui Atripalda. Un servitore dello Stato che amava stare in trincea, mettendo le sue capacità e conoscenze a disposizione nella risoluzione delle questioni amministrative. A lui si deve la realizzazione del Crom di Mercogliano.
Nel 1975 fu nominato Commissario prefettizio al Comune di Atripalda e qui il suo impegno e tutte le sue energie furono indirizzate nel tutelare prima, dal paventato rischio della realizzazione di nuove interventi edilizi che avrebbero compromesso la conservazione dei reperti archeologici,e avviare poi, grazie ad un primo finanziamento ottenuto dalla Cassa per il Mezzogiorno, la valorizzazione del parco di Abellinum.
Fu tra i primi a capire l’importanza che la Civita potesse avere per la cittadina del Sabato, come scriveva già allora: “in un tempo non lungo sarà resa possibile la visibilità ed il godimento di una città antica con chiari riflessi sia dal punto di vista culturale, sia per la creazione di un polo di attrazione turistica in un’area interna già di per sé ben collegata a tutto il territorio da grandi vie di comunicazioni autostradali”.
La testimonianza di quegli anni è racchiusa nel capitolo “La polvere rossa della Civita“, che fa parte del libro “Diario di un prefetto”, pubblicato da Alfredo Guida Editore.
I funerali si sono svolti questo pomeriggio presso la chiesa di San Modestino di Mercogliano. All’assessore Lucia, al fratello Vincenzo e a tutta la famiglia le più sentite condoglianze dalle redazione e proprietà di Atripalda News.
Di seguito pubblichiamo, per gentile concessione della famiglia, il capitolo “La polvere rossa della Civita“, tratto dal libro “Diario di un prefetto“, in cui il dottor Sbrescia racconta il periodo da Commissario Prefettizio al Comune di Atripalda.
Il 12 maggio 1975 fui nominato Commissario
Prefettizio al Comune di Atripalda. All’epoca ero
componente del CO.RE.CO. (Comitato di Controllo
sugli atti dei Comuni), incarico prestigioso e ben
retribuito. La nomina quale Commissario al Comu-
ne comportava la rinuncia all’incarico di componen-
te il CO.RE.CO. e, com’è ovvio, ai relativi emolu-
menti, per incompatibilità fra i due incarichi (diver-
samente si sarebbe verificata l’ipotesi del controllo-
re-controllato) ma la cosa non mi pesò perché senti-
vo di dover anteporre ai miei interessi quelli della
collettività.
Assunto l’incarico, presi contatto con gli espo-
nenti delle forze politiche locali: feci una ricognizio-
ne dei maggiori problemi amministrativi e affrontai
i nodi più urgenti, adottando alcuni provvedimenti
in materia di edilizia scolastica, di urbanistica (ban-
dii il concorso di idee per la redazione del piano
regolatore) e in altri settori. Visitai poi la zona
cosiddetta della “Civita”, corrispondente all’antica
“Abellinurn ” di cui è traccia negli scritti di Fra
Scipione Bellabona, che nei primi anni del XVII
secolo descriveva minuziosamente gli edifici esi-
stenti all’epoca: un teatro, un anfiteatro, le terme,
domus gentilitiae, templi, un archiginnasio, il tutto
ormai nascosto da uno spesso strato di terra e da una
fitta vegetazione. Ubicata a monte dell’attuale piaz-
za principale del paese, Abellinum abbraccia una
vasta area collinare nella immediata periferia dell’a-
bitato che degrada verso il centro dell’attuale cittadi-
na di Atripalda. Con mia grande sorpresa constatai
che la zona stava per essere interessata a interventi
edilizi, dal momento che in alcuni punti erano già
state scavate le buche per i plinti, mentre dal bordo
di esse si potevano notare tracce di reperti archeolo-
gici affioranti. L’indomani convocai una riunione al
Comune con i più stretti collaboratori, allo scopo di
adottare tutti i provvedimenti necessari ad impedire
che la zona archeologica fosse distrutta da interventi
di edilizia privata, come era accaduto non molto
tempo prima, nella stessa Atripalda per un impor-
tantissimo reperto: la “tomba a camera” (uno dei
monumenti più interessanti dell’arte funeraria del
primo secolo dell’impero romano, tutta in travcrti-
no) rinvenuta nel 1881 e che trovasi ora interrata al
centro di una strada, “Cupa della Maddalena “, dove
sono stati costruiti nuovi edifici e reso difficile il
recupero.
Mi rivolsi allora al compianto soprintendente
Professor Mario Napoli, un poeta dell’archeologia,
l’uomo che aveva legato il suo nome allo studio e alla
ricerca nella piana di Paestum, pregandolo di venire
subito ad Atripalda. Di lì a qualche giorno effet-
tuammo un sopralluogo unitamente alla Dott.ssa
Gabriella Colucci Pescatore, della Soprintendenza,
donna di grande talento. Ricordo che lungo un
sentiero, in prossimità dei ruderi, il Prof. Napoli si
chinò per raccogliere della polvere rossa e, mentre
strofinandola tra le dita con aria assorta la osserva-
va, mi disse che si trattava di residui di mattoni di
epoca romana. Giunti sul posto e fatti alcuni saggi, il
Sovrintendente convenne sulla necessità di adottare
una serie di provvedimenti che misi subito in atto
per salvare la collina sotto la quale c’erano reperti
archeologici interessantissimi.
Il Prof. Napoli si incaricò di redigere subito un
progetto per incominciare a portare alla luce i resti
nascosti dell’antica città. Lo stesso 13 Giugno scrissi
al Presidente della Cassa per il Mezzogiorno, il
conterraneo Prof. Gabriele Pescatore, una lettera
con la quale lo informavo del mio invito al Prof.
Napoli di predisporre un piano di recupero dell’anti-
ca città. Tra l’altro scrivevo: “A seguito dell’avvio di
interventi edilizi nell’area dell’antica Abellinum, in
territorio di questo Comune, sono affiorate strutture
dell’antica città di Abellinum in notevole stato di
conservazione per cui, interessata di urgenza, la
Soprintendenza alle Antichità è intervenuta ese-
guendo dei saggi e sono apparsi, tra l’altro, i resti di
una villa di età imperiale oltre a numerosi altri
reperti.
Secondo il Sovrintendente prof. Napoli è ine-
quivocabilmente certo che l’intera città antica è
conservata su tutto il pianoro della Contrada Civita
entro il perimetro delle mura in parte a vista ed in
parte individuate. Avendo eseguito un sopralluogo
insieme al Sovrintendente prof. Mario Napoli l’ho
invitato a predisporre un piano ed una relativa
perizia di un primo intervento atto a porre in luce
l’antica città, significando allo stesso quale impor-
tanza può avere per un centro economicamente
depresso, sia come fatto culturale, che va ben oltre i
confini della Provincia e della stessa regione, e sia
per la messa in luce di un grande centro archeologico.
La Soprintendenza ha accolto il mio invito
confermando che l’importanza dello scavo è assolu-
tamente eccezionale e merita un intervento deciso
ed urgente, anche per frenare una incipiente opera di
interventi edilizi.
La Soprintendenza inoltrerà, entro brevissimo
termine, la predetta perizia al Servizio Turismo
della Cassa e La prego di intervenire presso detto
Servizio, con cortese sollecitudine per abbreviare, in
ogni modo possibile, i tempi.
Il Soprintendente ha dichiarato che esistono
tutti gli elementi archeologici e storici per essere
assolutamente certi dell’esistenza nel sottosuolo,
nella zona già delimitata e, per fortuna, in gran
parte, inedificata, della città antica, mirabilmente
conservata, per buona continuità di vita nell’età
post-classica nella stessa zona.
Con una possibilità di poter condurre lo scavo
archeologico in tutta l’area, si è sicuri che, in un
tempo non lungo sarà resa possibile la visibilità ed il
godimento di una città antica con chiari riflessi sia
dal punto di vista culturale, sia per la creazione di un
polo di attrazione turistica in un’area interna già di
per sé ben collegata a tutto il territorio da grandi vie
di comunicazioni autostradali.
Infatti la grande via di scorrimento veloce di
A ve1lino collegata all’autostrada Napoli-Bari è un
punto tangente alla zona archeologica”.
Mi recai poi dal Presidente della Cassa per
perorare, personalmente, la causa da me sostenuta,
trovando in lui grande disponibilità.
Il Prof. Napoli, nel giro di pochi giorni, redasse
il progetto che rimisi alla Cassa e il 29 luglio, a poco
più di due mesi dalla mia nomina ad Atripalda quale
Commissario, mi giunse il telegramma del Presiden-
te Pescatore con il quale mi si comunicava che “il
Consiglio di Amministrazione della Cassa aveva
approvato il finanziamento per rinvenimento ar-
cheologico in Contrada Civita e che erano stati
stanziati i primi 120 milioni”.
Gli scavi furono avviati, la zona recintata, fu
nominato un custode, e nei mesi successivi comin-
ciarono ad affiorare dapprima un grande colonnato
poi altri importanti reperti dell’antica città.
L’Amministrazione ordinaria elettiva, su ben-
trata alla gestione commissariale e quelle successive
hanno continuato ad occuparsi con impegno della
scoperta e valorizzazione della zona archeologica
anche se la inadeguatezza dei finanziamenti non ha
consentito di ottenere fino ad ora quei risultati che
ci si attendeva.
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