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Inchiesta buste paga gonfiate al Comune, il dipendente Walter Iannaccone rassegna le dimissioni: “Me ne vado perché mia cognata deve essere messa in grado di lavorare per l’amministrazione e il bene del paese senza che ci siano illazioni. Contro la sentenza ricorrerò in appello”. FOTO

Pubblicato in data: 22/6/2017 alle ore:08:07 • Categoria: Comune, Cronaca

Walter Iannaccone rassegna le dimissioni dal comune di Atripalda per mettere un stop alle illazioni, per l’amarezza di essere finito nel tritacarne dei veleni della campagna elettorale, da poco conclusasi, ma soprattutto per la parentela che lo lega al neo vicesindaco Anna Nazzaro, la più votata in assoluto tra i candidati al Consiglio comunale.
Il dipendente, difeso dal penalista Alfonso Maria Chieffo, coinvolto insieme ad altri tre dipendenti (rinviati quest’ultimi a giudizio per il 27 ottobre) nell’inchiesta buste paga gonfiate a Palazzo di città e condannato in primo grado a due anni e 4 mesi di reclusione, in una conferenza stampa, svoltasi ieri sera presso lo studio del suo legale, ha comunicato tale decisione, maturata negli ultimi mesi, inviando anche una raccomandata ieri mattina al sindaco.
«Un atto non consequenziale alla vicenda giudiziaria ma di opportunità nei confronti della famiglia, di coscienza e anche per una serie di valutazioni per la sua serenità personale alla luce di quello che si poteva innescare, un gioco al massacro dal punto di vista mediatico nei confronti di chi per consenso elettorale ricevuto l’11 giugno ora si trova a ricoprire una carica anche di particolare esposizione di responsabilità e mediatica all’interno della nuova amministrazione di Atripalda» ha spiegato il suo legale.
Una scelta matura a lungo dal dipendente:  «in pensione sarei potuto andare tra 3 anni e qualche mese – spiega Iannaccone -. Spero di poter approfittare dell’Ape anche se perdo qualcosa. Me ne vado perché mia cognata (Anna Nazzaro ndr.) deve essere messa in grado di lavorare per l’amministrazione e il bene del paese senza che ci siano illazioni e considerazioni sulla sua figura. Mia cognata è una persona integerrima, questo lo ha detto anche il popolo dandole 632 voti e prima eletta. E  anche io ho fatto campagna elettorale per mia cognata e nessuno mi  ha cacciato fuori. Dopo una campagna elettorale fatta sui palchi senza nemmeno pensare alle famiglie che potevano essere ferite, come i miei figli o quelli degli altri. Dire quelle cose sul palco secondo me è stata una cosa obbrobriosa. Sono stanco di essere tacciato di cose per le quali non sono colpevole e lo dimostrerà il mio legale in sede di giudizio. Sarei potuto restare come gli altri, prendendomi metà stipendio e portandomi 680 euro a casa. Ma preferisco non prenderle e andarmene».
E così ieri mattina con una lettera  ha dato il preavviso di 60 a Palazzo di città.
«La ragione di questa decisione non ha nessun tipo di nesso con il procedimento penale in cui siamo sempre fiduciosi nell’esito dell’appello – prosegue invece l’avvocato Chieffo  – ma è una ragione dettata dall’opportunità per fa si che l’azione amministrativa della neo insediata giunta di cui fa parte anche una parente del signor Iannaccone non possa essere in qualche modo turbata in dalla vicenda personale che ha visto e vede ad oggi interessato il mio assistito. Un gesto di opportunità maturato con il mio consenso, personale e all’intero della sua famiglia. E’ anche il risultato di una serie di considerazioni di carattere pensionistico visto che ha già maturato 38 anni e 4 mesi di servizio e quindi con un piccolo sacrificio entro al fine dell’anno maturerà gli incentivi pensionistici offerti dalla recente normativa».
Sul provvedimento di sospensione emesso l’8 giugno scorso dalla Commissione disciplinare del Comune presieduta dalla dottoressa Bocchino e composta dai funzionari Reppucci e De Giuseppe l’avvocato Chieffo commenta  così: «si è auto tuffata nel limbo  visto che con questo atto di sospensione facoltativa al servizio assunto l’8 giugno fino all’esito del procedimento penale si corre il rischio che per otto o dieci anni resteranno pagati a spese dei contribuenti atripaldesi, per il 50% dello stipendio, senza che la procedura abbia un esito alcuno. Forse questa non è stata un grandissima mossa. Ci sono dei dipendenti che hanno restituito ma forse l’unico sistema per l’Ente di recuperare il maltolto da parte di persone conclamatamente prive di reddito diverso da di impiegato comunale, prive di proprietà mobiliari e immobiliari, basti vedere il risultato del sequestro preventivo. Gli effetti del sequestro per equivalente hanno sortito esito positivo per il quinto dello stipendio che veniva pignorato mensilmente, che a questo punto non verrà più pignorato visto che la parte che ad oggi viene conferita ai dipendenti è impignorabile.
E’ stata una scelta  che probabilmente voleva avere un effetto di carattere diverso,  non escludo forse che sia stata consigliata anche dalla parte politica, ma che l’unico risultato che posiamo dare per certo e che il Comune che prima stava ottenendo la restituzione di soldi ora non ha nulla più. Il comune non ha brillato nella gestione disciplinare della vicenda, visto che il primo provvedimento di sospensione è stato travolto da un provvedimento del Tribunale del Lavoro di Avellino che ha anche condannato il Comune alle spese e ci avviamo poi ad avviare un’azione per il ristoro delle somme che sono state trattenute, a nostro giudizio indebitamente, per il periodo di sospensione che è stato dichiarato illegittimo. Alla fine ritengo perciò che tale atto non è condivisibile perché si sta creando un danno ulteriore all’Ente. Il processo c’è stato l’8 maggio e diciamo che ci ha sorpreso anche la tempistica. A distanza di 30 giorni, senza attendere le motivazioni della sentenza che ad oggi non sono state ancora depositate, visto che il Gup si è preso 90 giorni, coincidenza a tre giorni dalle elezioni, sono dati abbastanza evidenti di cui ne prendo atto. L’unico risultato sicuro è che da oggi e non si sa fino a quando ci sono persone che resteranno a casa a 680 euro, metà dello stipendio».
Precisa poi ancora che per quanto riguarda la posizione di Walter Iannaccone «lui non è mai stato sospeso dall’autorità giudiziaria e questo è uno dei motivi che ci porta ad avere un motivato ottimismo per l’esito dell’appello quando sarà presentato visto che attendiamo le motivazioni della sentenza».

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6 risposte a “Inchiesta buste paga gonfiate al Comune, il dipendente Walter Iannaccone rassegna le dimissioni: “Me ne vado perché mia cognata deve essere messa in grado di lavorare per l’amministrazione e il bene del paese senza che ci siano illazioni. Contro la sentenza ricorrerò in appello”. FOTO”

  1. SERGIO ha detto:

    ti dovevi dimettere appena eri stato scovato…insieme agli altri

  2. SERGIO ha detto:

    MI SA che in sentenza in appello venga aSSolto accossì il comune lo pagherà con i debiti intereSSi

  3. antonio ha detto:

    ene una sfottitura dite al comune che le respingano altrimenti sono nei Guai

  4. Giro ha detto:

    E’ la solita “storia”

  5. Giovanni ha detto:

    Se ben ricordo la vicenda il dipendente oggi dimessosi aveva immediatamente restituito la somma impropriamente presa. Adesso si dimette anche se avrebbe potuto tranquillamente percepire per anni la metà dello stipendio senza lavorare. Fermo restando che si è innocenti fino al terzo grado di giudizio credo che alla fine sia stata una decisione coraggiosa e da apprezzare.

  6. SERGIO ha detto:

    Giovanni non puo’ essere innocente visto che ha ammesso le sue colpe.

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