“Il Beat sull’inchiostro”, domani si presenta il libro di Federico Preziosi nella sede della Pro Loco
Pubblicato in data: 11/7/2017 alle ore:11:14 • Categoria: Cultura •Domani, mercoledì 12 luglio, presso la Pro Loco di Atripalda, alle ore 19, si presenta “Il Beat sull’inchiostro” il libro di Federico Preziosi. «“Il Beat sull’inchiostro” è un’esperienza su carta da immaginare musicalmente, poesia slam ideata su intrecci di rime dal ritmo serrato che descrivono la società attuale con freschezza, ironia e un pizzico di irriverenza. – racconta l’autore -. Suggestionato dal rap ho tracciato 17 testi, un tessuto di impressioni repentine, schizzi di follia diluiti tra amore e odio, desideri e repressioni, dominio e liberazione. Le liriche ammiccano alla performance prestandosi alla libera interpretazione e all’adattamento, laddove i confini tra musica e poesia oggi sono sempre più labili, tra il Ginsberg dell’Urlo e dei Primi blues alla ricerca di Bob Dylan e il Kendrick Lamar di To Pimp a Butterfly».
All’incontro prenderanno parte Marco Monetta, in veste di moderatore e Maria Consiglia Alvino che traccerà dei punti sulla poetica. L’evento sarà accompagnato da discussioni, performance e naturalmente sarà aperto al dibattito.
Preziosi spiega anche come nasce il libro. «Da ”esule” in Ungheria avevo bisogno di trovare una forma di espressione creativa: sono fatto così, senza cultura e arte non so stare! Adoro studiare e imparare, sui libri e dagli altri e poi unire tutto ciò che è parte della mia personalità e del mio retroterra culturale, tentando di fare qualcosa di originale – prosegue –. In passato trovavo nella musica la mia valvola di sfogo creativa, purtroppo adesso non riesco a mettere in piedi qualcosa di solido, così mi sono rivolto alla scrittura, alla poesia in particolare. Ma la musica è tornata per vendicarsi! Mi sono accorto che in una parte della mia produzione i versi che mettevo su carta materializzavano dei rap scanzonati dalle rime affilate. È proprio vero: ciò che vive dentro di te non muore mai. Mi sono detto: “Sì, perché non provarci? scrivere dei rap senza basi affinché ognuno possa immaginare un’impalcatura sonora con le parole”. Questo è l’anno in cui Bob Dylan ha ricevuto il Nobel, bisogna provare strade nuove ed inserire elementi che facciano uscire la poesia fuori, riportarla dalle persone materializzando concetti e suoni. Così, come mi ha fatto notare il poeta irpino Antonio Califano, ho messo a punto una forma di “rap recitato”». Racconta anche la sua vita “da esule” in Ungheria: «Lì sto bene, riesco a lavorare e ho trovato sbocchi per una carriera professionale più solida, ciò che purtroppo l’Italia non mi ha dato. Non provo nessun odio per il mio paese, le cose vanno avanti e a me è toccato fare delle scelte importanti per sopravvivenza. Non mi è andata così male, ho trovato l’amore e tante persone che oggi sono diventate importanti nella mia vita. Tuttavia sono sempre italiano e fieramente atripaldese. Se qualcuno mi chiede cosa mi manca di più dell’Italia, fatta eccezione per gli affetti, non ho dubbi: Piazza Umberto I! È un luogo affascinante e di grande ispirazione, un punto di ritrovo pieno di rituali che qualcuno dovrebbe un giorno descrivere in un romanzo. Tutte quelle discussioni appassionate, i giovani e i vecchi, i bar, gli scherzi, gli screzi, un po’ di ipocrisia e tanta vitalità… una vera e propria palestra di vita!».
Il giovane autore atripaldese infine ci spiega anche perché ha deciso di scrivere un libro di poesie: «Non c’è nulla di più impopolare della poesia oggi. A che servono i poeti? Se ne stanno assorti e non guardano cosa accade intorno. Sono odiosamente distaccati, ricoperti da una patina artificiale fatta di parole stupide e concetti astrusi. Io non volevo essere come “loro”, stare in disparte, anestetizzarmi per sconfiggere il dolore ed ottenere conforto. In una forma un po’ pazzerella volevo parlare di ciò che vedo e che tutti noi vediamo quotidianamente. Cosa può dare in più un poeta rispetto a chi non esercita la poesia? Evocare! Io intendo evocare il disagio e la frammentazione in tutte le sue sfaccettature. Lo ritengo necessario in quanto siamo già circondati da “esempi virtuosi” che ci deludono costantemente. Torniamo allo sporco, al marcio e al dannato, non serve fare chilometri e chilometri per addentrarsi nell’oscurità, guardiamoci dentro o all’ombra che ci segue. Nessuno porrebbe aspettative in se stesso se si conoscesse davvero bene, eppure non restiamo che noi con debolezze e fragilità che spesso si tramutano in forza. Non occorre essere nichilisti, per me nichilismo significa aspettarsi di non avere aspettative, un esercizio vano per chi vive e vuole vivere intensamente la propria vita. È solo l’uscita dalla “comfort zone”, un sentimento, una pulsione, che ci porta ad esplorare a capire noi e gli altri. Che cos’è la vita senza la scoperta di noi stessi o la ricerca del senso delle nostre azioni? Nessuno ha una risposta, eppure cercarla vale la vita stessa».
Interessante l’approccio al fare poetico, incuriosisce anche per i termini di lirica e di rap.evocanti disagi, così come annunciato. La curiosità non ha limiti dinanzi al vigore dei giovani artisti
Complimenti Federico, ti sei sempre distinto…! Bravo