sabato 04 gennaio 2025
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Puc, prime osservazioni allo strumento urbanistico. L’architetto Conte: “produce vantaggi solo ad alcuni proprietari dei suoli”

Pubblicato in data: 2/1/2025 alle ore:15:01 • Categoria: Attualità

Arrivano le prime osservazioni sull’impianto strategico al piano urbanistico comunale adottato dalla giunta Spagnuolo a fine novembre dopo 13 anni. Ad elaborarle è l’architetto Nello Conte, dottore di ricerca in Pianificazione Territoriale e Politiche Pubbliche del Territorio allo Iuav di Venezia e già cultore della materia in Composizione architettonica e urbana all’Unisa di Salerno. Il consulente atripaldese evidenzia che la perequazione approvata dall’esecutivo per i 22 ettari vincolati del parco archeologico di Abellinum si a vantaggio solo dei pochi proprietari a cui sarà concesso un diritto edificatorio in altre zone. Osservazioni, c’è tempo per presentarle fino al 17 gennaio, condivise dal gruppo consiliare d’opposizione “Atripalda Bene Comune” guidato da Roberto Renzulli. Otto cartelle in tutto nelle quali l’architetto atripaldese nelle conclusioni sottolinea come:

Il PUC di Atripalda, nonostante la “novità” del modello urbanistico della perequazione persegue le
tradizionali finalità di valorizzazione del suolo per finalità edilizie. Infatti, viene interpretato un tema classico del diritto urbanistico, quello dell’inerenza dello ius aedificandi al diritto di proprietà, che si vuole risolvere ricorrendo allo strumento della perequazione, attuata però in modo parziale e orientata a produrre vantaggi ad alcuni proprietari dei suoli, ma non a tutti. Si pone allora il problema, estremamente complesso, di valutare l’adeguatezza dei meccanismi perequativi adottati, laddove vale la pena ricordare che l’idea di fondo della perequazione è che il valore economico del suolo dovrebbe essere uniforme su tutto il territorio e cioè indipendente dalla sua particolare destinazione urbanistica, in modo da rendere ciascun proprietario
“indifferente” e quindi disinteressato al destino assegnato al proprio terreno. Ma questo ideale di giustizia distributiva è di difficile attuazione e, pertanto, la perequazione, laddove praticata in modo compensativo, ha funzionato attenuando le disparità col solo presupposto di una logica incrementale di urbanizzazione basata sul consumo di suolo.
Ciò che il Piano propone per Atripalda, dunque, è che l’antica città di Abellinum partorisca la “città moderna”. Una visione romantica quanto tragica se si considerano i rischi derivanti dalla mancata attuazione del comparto edificatorio e, comunque, più in generale, la crisi strutturale che a livello nazionale ha colpito il mercato immobiliare e delle costruzioni, con tanti vani invenduti e alloggi sfitti. Eppure, questo ideale romantico che usa la Cultura come driver di sviluppo è eticamente condivisibile e forse non richiede il sacrificio propiziatorio della conurbazione, se a bilanciare gli interessi in gioco si recuperasse un’altra componente identitaria degli atripaldesi: il Commercio.
Se il Piano individuasse un comparto alternativo che consentisse l’indifferenza localizzativa dei diritti edificatori, dando ai proprietari dei suoli la possibilità di scegliere dove fare atterrare la propria rendita (e in quali mercati immobiliari o iniziative d’impresa), esso sarebbe più prossimo alla giustizia distributiva. Se il Piano individuasse un luogo del commercio, ovvero un comparto urbanistico da riqualificare, per raggiungere gli obiettivi di valorizzazione del commercio in ambito urbano mediante un programma di “qualificazione” urbana che coinvolga i soggetti pubblici (ad esempio quelli titolari di un bene dismesso), gli operatori commerciali, i soggetti cedenti, gli operatori economici, forse Abellinum potrebbe diventare un brand del marketing territoriale. Se il Piano attivasse la finanza di progetto attorno ad un accordo di programma volto alla riqualificazione del dismesso distretto sanitario, immaginando un mix di social
housing, coworking, servizi ambulatoriali per la terza età e servizi ai consumatori del commercio qualificato, probabilmente, l’identità cittadina compiutamente ritrovata, sublimerebbe la strategia di sviluppo necessaria a contrastare il declino della citta, preservandone le risorse, la vocazione e la storia.

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