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Il senatore Enzo De Luca: «O con noi o contro di noi, non c’è posto per gli ignavi politici»

Pubblicato in data: 11/4/2011 alle ore:14:00 • Categoria: Le interviste di AtripaldaNews, Partito Democratico, Politica

senatore de lucaSenatore Enzo De Luca, in un contesto di profonda crisi, come vede il panorama irpino?
«La situazione che viviamo in Irpinia e in Campania va inquadrata in un contesto più ampio che riguarda tutto il nostro Paese. L’Italia vive una profonda crisi che, prima di essere politica ed economica, è di carattere destrutturante della società intesa come forma di garanzia democratica, a partire dal Capo dello Stato fino alle assemblee elettive. Stiamo correndo un gravissimo rischio sul piano della fragilità della democrazia e credo che ogni forza politica, ogni partito, ogni forma di associazione sindacale, imprenditoriale o ente territoriale dovrebbe tener presente prioritariamente questo quadro, ahimè drammatico».
Una crisi, quindi, di valori?
«Sì, è quella che definisco “crisi strutturale”. Una realtà estremamente grave che fa emergere prepotentemente le mafie, una malavita organizzata in grado di sostituire lo Stato in molti territori del Paese e, in particolare, nel Mezzogiorno».
Un tempo l’Irpinia era definita “un’isola felice”, oggi non lo è più?
«L’Irpinia non è immune. Rispetto a questo quadro, la crisi politico-economica diventa addirittura secondaria. E’ necessario perciò ritrovare un’identità culturale e quei valori disintegrati dall’avvento del berlusconesimo. Qualsiasi valutazione politica, anche rispetto a una nuova comunicazione come questa fatta dal mensile di AtripaldaNews, deve partire da una riflessione: un territorio piccolo come l’Irpinia paga un prezzo ancora più salato rispetto alla crisi che vive il Paese in generale. Ed è qui che viene fuori il ruolo della politica e, quindi, del Partito Democratico».
Un Pd però che vive un momento di forte difficoltà…
«Faccio una domanda ai lettori: perché tutti aggrediscono il Pd anche se è un partito di opposizione? Quando si sposa un’idea la si sostiene al di là della percentuale che ha raccolto. Se un partito sta al governo, o all’opposizione come noi, occorre un coraggio ancora maggiore. Questo è il male atavico del Mezzogiorno: se non c’è la gestione e non si sta al governo si denuncia una paralisi, una difficoltà che spesso viene scaricata all’interno dello stesso partito. Trovo veramente sconcertante il fatto che, rispetto a un centrodestra che frana da tutte le parti, in una crisi che coinvolge i gangli dello sviluppo della nostra società, la colpa venga data solo al Pd e ai suoi dirigenti».
Lei ha lanciato un appello all’unità del partito mentre il Pd ad Atripalda è scosso da abbandoni e fuoriuscite…
«Ogni mio intervento è volto a tenere tutti uniti nel Pd. A chi lo ha scelto chiedo se abbia fatto tutto il proprio dovere nel sostenere il partito senza considerare un alibi la mancanza del potere gestionale regionale che inasprisce le difficoltà locali spesso minacciate dal “se non hai la tessera del partito non finanzio il progetto”. Questa è la sfida che ci impone il federalismo fiscale, una sfida di responsabilità che parte dal basso e che coglie come riferimento il primo livello dello Stato e poi sale dal comune alle province e così via. Il Pd, come punto di riferimento di un’alleanza di centrosinistra, è una grande risorsa e chi lo abbandona, prima che per se stesso, se ne pentirà per le future generazioni».
Un futuro reso ancora più incerto dalla presenza della malavita organizzata e dagli allarmanti dati sulle morti bianche…
«Ho sempre lavorato su questioni di grande pericolo. Da vice presidente della Commissione Bicamerale sulle Ecomafie ho evidenziato che oltre il 25% del fatturato della malavita organizzata è relativo alla gestione rifiuti: ben 140 milioni secondo i dati di Legambiente. In tutta Italia i rifiuti producono sviluppo e occupazione, qui al Sud sono in mano alla criminalità organizzata. Dobbiamo invertire questa tendenza. In Commissione parlamentare di Sicurezza sui Luoghi di Lavoro ho raccolto invece numeri allarmanti: oltre mille morti bianche all’anno e 800mila incidenti sul lavoro. Ovviamente tali questioni vanno inquadrate in un contesto politico-istituzionale in cui una provincia piccola come la nostra, possa diventare una straordinaria risorsa per creare le condizioni di uno sviluppo strutturale e definitivo attraverso una progettualità politica e un piano strategico d’area vasta che sappiano utilizzare al meglio la programmazione 2007-2013. Tutta la documentazione che ho prodotto l’ho inviata anche a Roberto Saviano».
Quali “impedimenti” ha trovato nel suo lungo iter politico?
«Ho sollecitato iniziative spesso inascoltate. Una comunità e un partito, se non discute con il proprio hinterland, rischia di chiudersi in un isolamento tale, che anche un’attività amministrativa positiva non verrà compresa».
Atripalda è stata sempre un vivace centro di dibattito politico…
«Ho parlato con il sindaco Aldo Laurenzano e il nuovo segretario del Pd di Atripalda, Federico Alvino, perché mi auguro che la cittadina del Sabato possa diventare laboratorio costante di iniziative a riferimento dell’intera provincia. Ricordo che l’elezione di Laurenzano è avvenuta in un momento in cui alcuni hanno abbandonato la propria storia passando con il centrodestra. I cittadini di Atripalda, come quelli di Avellino, hanno confermato un consenso alla coerenza e una fiducia nel Pd che ognuno deve rispettare e possibilmente consolidare».
Il Pd atripaldese sta provando a ripartire proprio sotto la guida di Federico Alvino…
«Mi auguro che la nuova segreteria dia maggiore partecipazione e coinvolgimento e sia in sintonia con sindaco e amministrazione in modo che ognuno dia un proprio contributo. Federico Alvino ha certamente spessore per saper interpretare la sfida in questo momento. Sono rammaricato però per quello che sta succedendo nel partito atripaldese. Naturale è la costituzione del gruppo del Pd in consiglio comunale. Pur rispettando tutti, credo che il tempo possa essere utile a riflettere. Un partito può essere anche criticato ma, se si sente un senso di appartenenza a un’idea, non si abbandona mai per prendere altre strade».
Uno sguardo alle amministrative del prossimo anno, in città si registra già un certo fermento…
«Sicuramente le forze del Pd si predispongono in modo costruttivo nell’interesse di Atripalda e dell’hinterland nel sostenere le attività dell’amministrazione Laurenzano. Al momento sono concentrato sulle scadenze di primavera, il prossimo anno si vedrà».
Quali le possibili alleanze?
«Sono benvenuti all’interno di una coalizione tutti i partiti in opposizione al governo Berlusconi. Siamo pronti a dialogare e discutere con tutti quelli che sono all’interno di un progetto alternativo a questo governo. La domanda però si deve porre a chi sul territorio sta a destra mentre sul piano nazionale sta con chi si oppone alla destra. Sono per un’alternanza democratica tra due poli contrapposti. Non credo al centro, l’area moderata è un luogo superato e privo di efficacia se non ha il coraggio della scelta preventiva».
In un contesto del genere quale sarà lo scenario atripaldese secondo lei?
«Atripalda deve ragionare al di là della propria cinghia. Elevarsi da scontri localistici per avere una politica che si inquadri in un contesto più ampio sul piano generale e nazionale. Oggi per difendere un’idea ci vuole un coraggio maggiore. Gli ignavi politici non possono pensare di avere un futuro: o si sta da una parte o dall’altra. O col Pd o col Pdl, questa è la scelta da fare preventivamente. Sono legato ad Atripalda: per cinque anni sono stato il presidente della USL, ho progettato e inaugurato il poliambulatorio di via Tiratore. Ho avuto sempre feeling con la città anche se spesso non sono stato ricambiato elettoralmente».
Che messaggio lancia ai giovani di Atripalda?
«Non belle parole ma una proposta concreta fatta al Senato. Abbiamo individuato un punto di Pil (15 miliardi di euro) a favore dei giovani dai 18 ai 32 anni attraverso credito di imposta e prestito d’onore, più un salario di ingresso e un incentivo alle imprese, per un triennio: proposta bocciata dalla maggioranza. I giovani rappresentano un impegno civile e culturale, la vera speranza di un futuro di cambiamento dove le classi dirigenti guardino più al bene comune che al proprio tornaconto. Dobbiamo sfatare il messaggio del governo nazionale “è tutto semplice, basta essere carini” al di là di questo c’è la disperazione. Il Mezzogiorno ha una disoccupazione giovanile del 35%, secondo solo alla Grecia. Qui sta il compito della Politica con la P maiuscola».

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